Furto Milionario Nel Caveau: In Tre Si "spartiscono" 14 Anni Di Carcere - Corriere Salentino Lecce

2022-09-17 03:05:59 By : Ms. Laura Song

VEGLIE/GALATINA (Lecce) – Tre condanne nel proceso a carico dei presunti responsabili del maxi furto consumato domenica 11 novembre del 2018 nel  caveau dell’agenzia Bnl di Piazza Sant’Oronzo a Lecce. La giudice monocratica deella seconda sezione penale Francesca Mariano ha inflitto sei anni di reclusione ciascuno a Salvatore Mazzotta, 52 anni, di Veglie e a Luciano Romano, 45 anni, di Formia e al pagamento di una multa di 700 euro ciascuno. Un terzo imputato, Salvatore Zecca, 47 anni, di Galatina, ha invece patteggiato due anni di recliusione mentre la posizione di un quarto soggetto è stata stralciata. La sentenza prevede anche un risarcimento del danno in separata sede in favore del legale rappresentante della Bnl.

Filmati, intercettazioni, pedinamenti e la “prova regina” del Dna. È grazie a questi elementi che gli investigatori sono riusciti a risalire alla banda di ladri professionisti, che avevano studiato il “colpo” nei minimi particolari, avvalendosi anche di esperti nel campo dell’allarmistica, avendo neutralizzato completamente l’impianto di allarme della banca per riuscire a superare indisturbati la porta blindata d’accesso al caveau ed a violare decine e decine di cassette di sicurezza.

In che modo? Nascondendosi già dal venerdì precedente all’interno dell’area preziosi della banca: un’ipotesi avvalorata dalla presenza nel caveau di un armadio metallico semivuoto, capace di contenere all’interno una persona di media altezza senza che la sua presenza venisse rilevata dai sensori di movimento.

Durante il sopralluogo, i poliziotti trovarono nella sala antistante la camera blindata quattro borsoni contenenti arnesi da scasso, gioielli e denaro, che i ladri avevano abbandonato verosimilmente a causa di un qualche imprevisto, che aveva accelerato la loro fuga. Un borsone invece conteneva urina, segnale di un lungo periodo trascorso nell’istituto di credito. Partite dall’analisi delle immagini della varie telecamere di sorveglianza della città, gli investigatori sono riusciti ad isolare alcuni veicoli, che in quei giorni erano stati immortalati in diverse zone di Lecce sempre l’uno dietro l’altro: un Fiat Doblò bianco, una Fiat Punto bianca ed una Peugeot 1007, risultati intestati rispettivamente al figlio di Fiore, ad una società campana e alla moglie di Romano.

Indirizzate quindi le indagini nei loro confronti e di altre persone a loro vicine, gli investigatori hanno quindi avviato una serie di attività tecniche. Tra cui anche la comparazione del Dna tra quello di uno degli indagati (Fiore) e le tracce biologiche rinvenute e repertate nel sopralluogo della polizia, poi risultati perfettamente compatibili.

Mazzotta era difeso dall’avvocata Laura Bruno; Romano, da Pasquale di Gabriele (del Foro di Cassino mentre Zecca, da Andrea Bianco.